Leprotto Bisestile |
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| È l’esatto opposto del Di Cola, ha tutti i pregi che Di Cola non ha e tutti i pochi difetti che mancano a “Le voci del tempo perduto”. Tra questi ultimi si può citare uno strano formato da almanacco con base più lunga dell’altezza che rende difficoltoso tenere in mano il libro e sfogliarlo; una lista infinita d’attori, titoli e registi che fanno intrecciare gli occhi, al contrario di Di Cola che riporta saggiamente i nomi dei doppiatori in grassetto e i film doppiati in grassetto-corsivo in maniera da farli risaltare rispetto a tutto il resto; soprattutto, il fatto che questo libro è praticamente composto solo d’una serie infinita di schede di doppiaggio riportate in forma discorsiva, al contrario di Di Cola che analizza la storia del doppiaggio e crea innumerevoli collegamenti tra un argomento e l’altro. Ma –e passiamo quindi ai pregi che Di Cola non ha– se Di Cola analizza la storia con fervida fantasia e volendo addirittura riscriverla celando particolari che mostrerebbero quanto si sbaglia (per far passare l’attuale audio del film “Intermezzo” come una versione dei primi anni ’40 anziché riedizione anni ’60, volutamente omette di citare il suo doppiatore preferito, Rinaldi, come voce protagonista, visto che a quel tempo Giuseppe ancora non lavorava come attore sincronizzatore!), Lancia e compagni non dicono nulla che non sia assolutamente vero, cadendo in pochissime occasioni in errori del tutto trascurabili e ampiamente giustificabili dal fatto che nessuno è perfetto e una volta tanto inciampare è naturale (parlo ovviamente di quelli concernenti la materia di cui parlano, non quelli di stampa che abbondano e che sono meno perdonabili). Altra “dicolata” che Lancia raddrizza è un preciso e dettagliatissimo elenco finale di tutti i nomi e i film citati nel libro in maniera tale da poter risalire con facilità ad un’informazione che si cerca, mentre con Di Cola bisogna affidarsi puramente alla propria memoria (ricordarsi che la scheda di doppiaggio dicoliana de “Il posto delle fragole” si trova nelle pagine dedicate alla Braccini non è semplice!). Quel che penalizza principalmente questo volume è secondo me la scarsa facilità di lettura cui alludevo sopra definendolo come una serie di schede discorsive: il Di Cola potrebbe benissimo esser letto come un libro di narrativa, mentre il Lancia ha più l’aspetto d’un elenco telefonico… Ciononostante quel che conta veramente è la quantità e la qualità dei dati che riporta, e qui signori bisogna levarsi tanto di cappello perché il lavoro fatto è immenso e stradenso di particolarità e novità molto succose! E raramente i dati riportati in una certa pagina possono esser letti in altri punti del libro, Lancia evita il più possibile di ripetersi, al contrario di Di Cola che non so quante volte tira fuori la faccenda delle riedizioni cinematografiche dei film della Garbo (di cui tra l’altro non sa nulla perché fa credere che furono riproposti solo “Grand Hotel” e “Mata Hari”, mentre ne furono rieditati e ridoppiati anche altri quali “Margherita Gauthier”, “Maria Walewska”, “Anna Karenina” ecc.) o la questione delle voci fuori dal coro di “Casablanca” ecc. La parte ultima del libro è una raccolta d’interviste ad attori doppiatori ed attori doppiati: la fattura non è eccellente (all’esagerato flusso di coscienza di Pino Colizzi io avrei dato una forma diversa e maggiormente leggibile) e c’è qualche errore dovuto alla scarsa memoria dei doppiatori (la Verdirosi sostiene d’aver doppiato Hayley Mills ne “Il segreto di Pollyanna”), ma è comunque una sezione interessante arricchita in conclusione da un’intervista del ’38 fatta a Giulio Panicali che autoelogia in particolare il suo doppiaggio di Romeo nella versione cinematografica di Cukor.
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